Napoli, 22 marzo 2012 – Un killer solitario e insospettabile. Un uomo che staziona nel mezzo di una piazza. Sotto il giubbotto nasconde una pistola calibro 7,65 munita di silenziatore. Sa che il suo uomo, l’obiettivo da eliminare, dovrà passare di lì a poco da quelle parti. Piazza dei Martiri il teatro di un omicidio mancato. Un delitto di quelli da ricondurre alle logiche di mafia. Andava eliminato un magistrato: l’allora pm della Procura Antimafia Giuseppe Narducci, oggi assessore alla Sicurezza per la giunta del sindaco De Magistris, già tirato in ballo da Salvatore Lo Russo, secondo il quale l’ex capo della Mobile Pisani avrebbe indagato proprio su di lui.
Narducci andava ucciso. Ma il killer quella sera andò via dopo una snervante e inutile attesa. A rivelare l’inquietante episodio è stato lo stesso protagonista mancato dell’omicidio: l’ex boss della Sanità Michelangelo Mazza, nipote del padrino Giuseppe Misso. Entrambi sono da tempo collaboratori di giustizia. Il retroscena emerge da un verbale depositato in un processo di camorra.
Era l’anno 2003. Mazza rivela inoltre che il clan era da tempo sulle orme dei magistrati che operavano per smantellare, a suon di inchieste e arresti, la camorra del centro storico di Napoli. E Narducci era uno dei pm che avevano da tempo avviato indagini proprio sul clan Misso. C’era una rete fitta di pedine del clan impegnate a ricostruire tutti gli spostamenti del magistrato. Mazza dichiara di essere certo che, quella sera, Narducci si sarebbe presentato in piazza dei Martiri. La decisione di uccidere il magistrato, chiarisce il pentito, sarebbe stata presa dopo una serie di summit tra vertici di diversi cartelli criminali.
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